Analisi testuale

Roman Jakobson. Nato a Mosca nel 1896 e poi trasferitosi negli Stati Uniti nel 1941 dove è morto nel 1982, Jakobson è uno degli esponenti di maggior spicco dello strutturalismo linguistico.Fra i suoi numerosi lavori rimane fondamentale un suo saggio del 1958, che ha avuto grandissima risonanza anche presso gli studiosi di estetica , intitolato Linguistica e poetica.In questo saggio Jakobson si propone di dare una risposta alla seguente domanda: " Che cosa è che fa di un messaggio verbale un'opera d'arte?"In sostanza ,si tratta di ritrovare  la "chiave linguistica" della poesia, la sua specificità rispetto a tutti gli altri atti di comunicazione verbale.E, secondo Jakobson questo è un compito proprio della Linguistica.

Le differenze riscontrabili negli usi linguistici riflettono spesso le più importanti distinzioni esistenti all’interno della comunità in cui una serie di enunciati è prodotta. In base a questa osservazione il genere può essere definito come uno dei fattori che condizionano le scelte linguistiche dei parlanti, e quindi come oggetto di studio dell’analisi socio linguistica. Le diverse scelte linguistiche di uomini e donne, infatti, quando non segnalano una netta divisione dei ruoli sociali, indicano almeno la presenza di differenti modalità di partecipazione alla vita della comunità, o l’esistenza di particolari relazioni che s’instaurano tra parlanti appartenenti a una data categoria (uomini e donne in questo caso) e il mezzo comunicativo . M.Allo




MÁRCIA THEÓPHILO
LE VITÓRIAS RÉGIAS
Erano stelle che cadevano nel fiume, erano stelle:
le vitórias régias. Io so - Yanoá pensa -
non solo gli animali ma tutto in natura ha un'anima,
un'anima alata che lascia il mondo quando sogna. E
sogna sempre luoghi ignoti. "Yanoá, Yanoá sveglia!
che gli uccelli possono portarti via sulle loro ali,
i sogni possono distruggerti".
Si svegliava spaventata dalle su
e stesse grida.
Gli uccelli vogliono strapparmi l'anima,
io non voglio restare sola con i pensieri.
Il suo volto s'illumina e i capelli spessi le scendono
lisci sul viso rugoso, antico, scolpito dai sogni e dal sole.
Un giorno Yanoá andrà con i suoi sogni, andrà con Yara
sul fondo delle acque. «Yanoá vieni a giocare con me, proteggimi
dai pesci che governano le acque e le piante,
cresciute in fondo al mare.
Tutto il giorno i pesci vanno e vengono
fra i tuoi lunghi capelli».
Marcia Theophilo


È dalle acque che emergono le più grandi ispirazioni mitologiche: perché l’acqua è vita, da sempre e anche adesso che l’uomo la sta inquinando. È il linguaggio proprio del canto delle  acque: associazione nitida e fantastica degli elementi concreti e irraggiungibili della natura. Lo spirito del cosmo è naturalmente insito nei fiumi, nei mari. I miti, infatti, sono reali perché attraversano ogni materia e spiegano la ragione di essere del mondo, degli esseri viventi e delle cose, dei fatti passati e presenti. I miti sono popolati da personaggi che incidenti geografici hanno creato o trasformato in esseri viventi, che hanno insegnato tecniche e istituito ordini sociali. Costituiscono un legame fra il mondo terreno e quello trascendente attraverso quel dialogo intimo e naturale che gli antichi popoli stabilivano con l’universo. È così che natura e storia si conoscono e si incontrano. Il Boto, unico esempio di delfino fluviale è anche un mito legato all’acqua e alla seduzione. Vive nel Rio delle Amazzoni e la sua particolare bellezza è dovuta al colore rosa. «Quando nelle sue notti di fuoco Yací spaventata si sveglia / Boto si trasforma / in guerriero e invade il suo letto. Le voci soffocate / nel buio, cresce il silenzio, serpente lui si arrotola / e si avvolge al suo corpo / Poco a poco sale sinuoso, tra le carezze ammorbidendo / l'asprezza delle squame. / Fra i suoi lunghi capelli s'alza dicendo: amore mio / E pietra, è acqua. / Dov'è il suo nido? Navigando fra foglie / archi cipressi lo raggiunge in delirio, / togliendole il respiro: nuvola lei, polpa di frutta matura, / odori selvaggi e colori. / Pensieri senza senso esaltano il suo corpo: / i suoi sensi sette balzi di gatto lascivo, / s'interroga, pensa, singhiozza tra le trecce. / Yacì gli abbraccia le cosce dorate. / Molto lontano comincia il tuo fiume Boto. / In disaccordo s'incrociano sguardi profondi, / Lei cerca forza nelle sue viscere. / Le unghie lacerano i fianchi, le gambe, la schiena di Boto: / Vendetta bramata. / Ascolta il suo nome sussurrato da lui: Yací. / Boto senza rimorso ferisce e lei si scioglie. / Lo cerca nelle notti senza riposo, / nei giorni seguenti arriva inatteso. / Lui appare e lei si esalta. / Cavalli, nidi, uccelli, farfalle, / legni, monti, rami, sfere ruscelli / Boto metà acqua / metà pesce e metà uomo. / Quando ama tocca il fondo del fiume, cavalca travolto / dalle acque, inonda gli arbusti tra le isole. / Yacì stringe le squame fra le braccia / pesce che fugge, sapore di acqua e frutti di mare / Boto, pesce sale-sole-sale. Vita. Respiro».
Gloria Gaetano


Françoise Sagan






Françoise Quoirez (il nome anagrafico di Françoise Sagan) nasce il 21 Giugno 1935 a Cajarc nel Sud-ovest della Francia da Pierre Quoirez, industriale parigino, e Marie Laubard. Ultima di tre figli si trasferisce da Parigi con la famiglia agli inizi della seconda guerra mondiale per ritornarvi nel 44' dopo la Liberazione.
Studia nei collegi religiosi conseguendo nel 52' il diploma di scuola media superiore, nel 53' venne bocciata all'esame di ammissione alla Sorbona.
Esordisce clamorosamente nel mondo della letteratura nel 1954, non ancora ventenne, con Bonjour Tristesse, divenendo protagonista di un prodigioso caso letterario sotto lo pseudonimo di Sagan, dalla Principessa della Recherche di Proust. Il tono della narrazione e la ricerca medesima del suo primo lavoro, parvero rivelare un'affinità con Raymond Radiguet, da subito smentita dalle opere successive sempre più conformi ad uno schema narrativo convenzione pur nella straordinaria abilità.
La Françoise di quegli anni veniva descritta come una ragazzina con i capelli tagliati alla maschietta, dall'aria insignificante, la cui conversazione pareva non rivelare la lucentezza del genio. Dovevano passare ancora due, tre anni prima che Françoise Sagan cominciasse a vestirsi in modo eccentrico, a guidare macchine velocissime, al punto che nel 1957 per via di un incidente rischiò quasi la vita, a passeggiare per i boulevard accompagnata da un gigantesco cane lupo e da giovanotti stravaganti, divenendo così il personaggio noto a tutti con un seguito di amori burrascosi e persino un figlio.
Nel 1958 sposa l'editore Guy Scholler per divorziare nel 62'. Successivamente il secondo matrimonio con Bon Westholf, progettista di ceramiche.
Françoise Sagan girò presto il mondo come giornalista, si recò a Cuba dove scrisse brillanti relazioni favorevoli ai rivoluzionari; firmò il "Manifesto dei Cento ventuno" che proclamava il diritto al refus d'obéissance verso lo stato oppressore. Per merito di questi engagements la sua opera resta un efficace documento di costume per acquistare il sapore della denuncia.
In Bonjour tristesse narra la storia di una giovinetta col padre vedovo e "viveur", ciascuno con la propria libertà, in una tacita intesa e complicità per la quale la ragazza è nei migliori rapporti con l'intima amica di lui. Sopravviene un'altra donna, fine e degna, che potrebbe ricostruire la regola, l'uomo stesso ne è incantato.
La figlia, Cécile, vede il pericolo, la fine della libertà, e cerca il rimedio riconducendo il padre alla donna meno degna. L'altra offesa, sdegnata, si suicida, lasciando tutti nella costernazione.
Sagan ebbe troppa fortuna o forse troppo in fretta, non quella del successo immediato che la consacrò giovanissima, ma quella di aver trovato subito, e per sempre, un universo letterario che non ha più potuto modificare. Una fortuna forse ingombrante.


Innanzitutto uno spazio, sempre lo stesso, mondano, borghese, artificiale, l'ambiente degli appartamenti di lusso della Costa Azzurra, dei ristoranti chic, delle auto sportive, whisky, villeggiature di lusso; personaggi che ricalcano psicologicamente i modelli di Fitzgerald, come sarà lei stessa a scriverlo in Un profilo perduto nel 1974, intenti a ingannare la noia, sostanza stessa del loro essere; una vita sognata più che vissuta, eppure anche il mondo di Proust è estremamente limitato, divorato dallo snobismo.
Come se i personaggi ancor più che governare la propria vita si limitassero ad assistervi coinvolti soltanto quando l'alcol, la danza, l'amore fisico restituiscono una certa coscienza al proprio corpo. Ricchi comunque di una certezza: che la vita, qualunque vita, è un imbroglio, la ripetizione di un copione identico, a partire dall'adolescenza, periodo cruciale ancorché oscuro.
Senza dubbio capita di provare felicità, tuttavia subito ridimensionata dal nome stesso con cui viene chiamata: contentezza, piacere. Quella di cui Sagan parla è una borghesia colta, intrisa dell'aura viziata che circola nelle librerie, nei musei, o nei caffè di Saint Germain des Près.
Intellettuali che pongono la loro lucidità a servizio di se stessi allo solo scopo di guardarsi vivere.
Nel 1986 Sagan confessò di aver sostituito l'alcol con la droga giacché il suo editore la pagava in natura. Nel febbraio 2002 fu firmata una petizione da numerosi intellettuali francesi per sostenere la scrittrice economicamente. E' morta il 24 settembre 2004, nell'ospedale di Honfleur, nella Francia settentrionale stroncata da un'embolia polmonare.

CONTINUA





















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